Nel momento in cui la crisi
del COVID-19 si diffuse, all'inizio del 2020, molti economisti fecero
proiezioni sul suo impatto ipotizzando che uno shock occasionale sarebbe stato
seguito da un ritorno vicino allo status quo ante.
Ma da quel momento le opinioni
sono cambiate sia per quanto riguarda il tempo necessario alla produzione dei
vaccini che per l'entità delle ferite economiche difficili da rimarginare.
Eppure, pochi al di fuori della comunità di esperti della salute pubblica consideravano
seriamente la possibilità che la pandemia potesse persistere su scala
significativa .
L'emergere di nuove varianti
di SARS-CoV-2, il virus che causa il COVID-19, ha reso discutibile tale
ipotesi. Benché non sia il risultato più probabile, non sembra più possibile
escludere scenari peggiori.
Se la pandemia da COVID-19 dovesse
prolungarsi continuando a minacciare vite, due scenari sembrano possibili. Il
primo sono le ricorrenti ondate di infezione, che portano i governi a oscillare
tra l'imposizione e l'abolizione delle misure sanitarie restrittive in risposta
agli alti e bassi della malattia. Il secondo è uno scenario “zero COVID” con
politiche di contenimento precise e sostenute, seguite da misure sanitarie più
blande combinate con tracciabilità e test sistematici in modo da mantenere un
livello di infezione molto basso. Le analisi suggeriscono che questo secondo
scenario porterebbe a minori costi umani ed economici a lungo termine, ma le
realtà geografiche, umane e politiche all'interno e tra i paesi lo rendono meno
probabile, almeno nel caso di paesi densamente popolati, aperti e con economie strettamente
integrate come quelle dell'Europa.
Nessun commento:
Posta un commento